Poesiole per Natale (Natale chi?)
di Cristina Corradi
(da: Destini capitali, Edizioni Ensemble, Roma, 2020)
2020! (p. 113)
Oppressa da coscienza storica
sepolta da macerie culturali
stordita da tonnellate
di parole scritte orali
contagiata da furia interpretativa
cavalco il singhiozzo d’un riso
con un colpo di tosse
annuncio la riscossa
a letto col termometro in bocca.
E’ lui! (pp. 169-170)
Il capitale, pare
non ha stazione né fermata
neppure una frenata.
Malato di tisi, sì, porta crisi
ma è colpa di cinesi e debiti statali
del socialismo ancora le vestali.
Crisi, dicono, un’opportunità di cambiamento,
e se stai male, tuo personalissimo scontento.
Aria inquinata terra prosciugata,
produzione delocalizzata
si capisce che la classe s’è squagliata,
ignorata s’è transustanziata
e dopo un po’ s’è pure vendicata
populista, razzista, fascista è diventata
non vota più la destra liberista
da decenni non s’affida alla sinistra
la quale, d’altro canto, ha ben altro a cui pensare
(vincoli europei eventi culturali
diritti singolari multinazionali).
Nel frattempo ostinate
si riproducono differenze monetarie
figlie di flussi finanziari,
camuffati come guerriglieri.
Ti guardi intorno e vedi
macchine desideranti,
diversa capacità di spesa,
stile simile, identica pretesa
la TV sempre accesa, la rete fa da presa.
Il comunismo di Deleuze e Guattarì
invisibile come un colibrì.
Adorno e Pasolini avevano spiegato
il potere non ce l’ha mica il patriarcato
non la religione, la morale né lo Stato,
nemico imbattibile il consumo organizzato.
Più a fondo vecchia talpa aveva già scavato
in una merce speciale,
forza lavoro alienata in denaro
l’arcano svelato. Ma il velo s’è riformato,
sebbene sia vietato.
Il capitalismo s’emancipa, si liberalizza,
si fa ribelle, estetico, si femminilizza
viaggia parla lingue si rifà le labbra
acculturato di sinistra adora il meticciato
e vallo a spiegare all’emigrazione
che è avanguardia dell’ibridazione.
Nessun problema, amici,
chiesa liberaldemocratica predica integrazione,
almeno coscienza salva e l’INPS ci paga la pensione.
I capitali intanto migrano liberamente
rifiuti e guerre esportano democraticamente
a un prezzo conveniente.
La finanza non ha più nazione
internazionalismo rivoluzione.
Abbattute le frontiere
non decidi neppure dove mettere fioriere
manca lo spazio democratico
di sovranità viatico.
Ma almeno lei, la circolazione, è libera
e il salario ha castigato, senza peccato:
per competere abbattiamo il costo del lavoro
se i lavoratori si scannano, peggio per loro!
E noi? (pp. 135-136)
Sempre sei stato comunista:
odiavi il privilegio e la menzogna
sapevi che la bellezza non offre
salvezza, se non varca la porta
stretta della critica economica.
Sempre sei stato comunista:
né pazzo né fanatico
volevi più verità
per essere agli altri più vero
estremo nel desiderio
di cibo buono per tutti.
Sempre sei stato comunista:
la religione dell’estetico
ti pareva vino da servi,
rifiutavi il verso
come lusso vita arbitrio
decadente culto padronale
sprezzante del comune.
Sempre sei stato comunista:
la poesia non ti bastava
volevi realizzata
la promessa d’interezza,
tramortita la forma
attributo di dominio.
Sempre sei stato comunista:
a volte speciale, repulsivo
tu pure comunista in un cuor solo,
i compagni non riconoscevano
l’intransigente disciplina
che di questo mondo voleva la fine.
Sempre sei stato comunista:
non ti dicevi poeta,
la poesia per te non era
estasi dell’io, recita
di privata ossessione
ghetto di compiaciuta rovina
gratificazione della forma.
Sempre sei stato comunista:
il tuo marxismo critico
amaro dono di Cassandra
coglieva in anticipo i nessi
passi di falsi progressi
gorghi e vicoli ciechi.
Sempre sei stato comunista:
e ti chiedevi se la forma
letteraria allusiva di pienezza
fosse migrata altrove,
non cercavi rimedio né requie
sola testimonianza precisa
di una proposta umana.
Sempre sei stato comunista:
ti accusavano di astratto
profetismo moralista,
ma la tua spada spezzava
l’aria ammorbata dal consenso
di abati vati ribelli cortigiani.
Sempre sei stato comunista:
anche se non c’era da sperare
continuavi ad educare.
Alla pigrizia della storia
non affidavi l’inversione,
credevi irresistibile
la tentazione del bene.
Sempre sei stato comunista:
quando la trave marcia crollerà
sotto il peso di una rondine,
colombi astuti e candide volpi
torneranno ai tuoi giardini.
E poi? (pp. 12-13)
Abbiamo creduto alla bugia
della fine dell’ideologia,
mitologia della tecnocrazia
di noi fece archeologia,
capitalistica tautologia
divenne la nuova tecnologia.
Ma la storia non è finita,
estenuata, si è messa in pausa
riparata e svagata con la narrativa.
E son fioriti molti racconti.
La tecnologia ci avrebbe liberato
tutti e meno avremmo lavorato,
nell’impero mondiale pacificato
l’informazione avrebbe archiviato
la durezza del conflitto, e la sporcizia.
Pensieri deboli, decostruzioni,
partire da se stessi per finire
superfici liscie affabulatorie
eterni ritorni di molteplici divari.
Tutta la realtà era parola
fino all’esplosione della bolla,
potere dei racconti
incrinati dallo scoppio silenzioso.
Alla narrativa non chiediamo
di salvarci la vita,
ma preparare una contraddizione
se possibile migliore.
Bussola (p. 138)
Destra e sinistra
indicazioni spaziali
arbitrarie e relative
per confondersi al centro.
Se vogliamo resuscitare
differenza sostanziale
due stelle polari:
critica d’economia capitale
geopolitica dell’imperialismo.
2021! (p. 161)
Astro esploso come la poesia
il comunismo è scritto fra le stelle
alle ultime due case oltre lo zenith
nel domicilio di Urano e di Nettuno
c’è il giardino dei Pesci e dell’Acquario.
Se Plutone ci desse una mano…