La sinistra, la Cina e la pandemia
di Lorenzo Battisti
La debolezza della sinistra italiana, anche di quella più dura, la si vede ancora di più oggi. Ci sono affermazioni che si diffondono, un pensiero che entra come il coltello nel burro. Anche in quella sinistra che ha (aveva?) preso la Cina a riferimento. Infatti anche qui si dice: “Se il governo apre i negozi, è ovvio che la gente si affolli!”. Quasi “la folla” fosse un soggetto animalesco, guidato da istinti animali, privo di razionalità e di qualità umane.
Se il semaforo pedonale diventa verde, significa che io posso attraversare la strada, non che devo farlo. E comunque faccio attenzione se arriva qualcuno. Ma non è quello che è avvenuto. Ancora una volta, una manifestazione plastica che mostra come in Occidente non si riesca più a pensare l’altro da sè. Nessun pensiero universale, collettivo, generale. Io voglio consumare, il governo dispotico leva finalmente i divieti, io vado a consumare. Instintualmente. Come se nulla fosse successo. Come se non ci fossero migliaia di persone (ripeto, persone) che ogni giorno muoiono soffocate e sole nelle terapie intensive. Come se non avessimo appreso niente da un anno di raccomandazioni e precauzioni.
Già questo sarebbe grave per la sinistra italiana (si condivide l’idea del popolo come un infante). Ma quel che è peggio è che anche la sinistra che osserva con attenzione la Cina ha mostrato di non aver capito come questa ha sconfitto il virus, e in definitiva come questa funzioni.
Infatti, oltre a indicare la società come un elemento passivo nella lotta alla pandemia, si chiede una maggiore spesa pubblica e la fine delle limitazioni ai comportamenti individuali. Solo che in Cina gli elementi che ne hanno decretato il successo sono due: lo stato e la società, che hanno lavorato assieme, in tutte le entità, per raggiungere l’obiettivo di bloccare la progressione della malattia.
Sul primo punto, la sinistra vede in occidente una mancanza di spesa pubblica (vero, ma non sufficiente); sul secondo vede il popolo come passivo e giustamente dedito agli interessi personali e privati, tanto da accusare il governo di immischiarsi nella vita privata e di regolare quello che non dovrebbe (la vita privata è intoccabile, nessun bene superiore può giustificarne la regolamentazione, nessuno può vietare di vedere questo o quel parente o dirmi come gestire le distanze dagli altri).
Si mostra con evidenza il fallimento delle società individualiste nichiliste occidentali. Le società dei grandi fiumi (come le chiamava Wittfogel) sono abituate sia alle imposizioni autoritarie (contro cui si scaglia la sinistra liberal) sia all’autodisciplina (rifiutata dalla sinistra radical). Se il fiume straripa è necessario un governo autoritario che ordina cosa fare e a nessuno è dato di discutere, perché l’emergenza lo impone. Non c’è tempo né spazio per le posizioni individuali, i dubbi, le obiezioni di coscienza. La vita di tutti è in pericolo e bisogna agire tutti e in maniera orchestrata. Ognuno deve svolgere il suo compito, per il bene di tutti. Ma al di là degli ordini tutti agiscono spontaneamente per l’obiettivo e il bene comune, a cui tutti tendono. I comportamenti personali sono orientati all’autodisciplina, tutti sono consapevoli del pericolo e tutti devono agire responsabilmente e con coscienza, al di là di quello che prescrive il governo. Il controllo sociale sugli individui che non dimostrano questo grado di coscienza e di autodisciplina è fortissimo e sono oggetto di biasimo pubblico e di denuncia, un fatto che qui in occidente viene denunciato come delazione (come chi rivelava chi nascondeva gli ebrei nella seconda guerra mondiale) e di intromissione nella sfera privata, sfera esclusiva dell’individuo e protetta dalle intromissioni dello stato e della società. L’ideologia della privacy (che potremmo anche dire della solitudine sociale) ha vinto anche a sinistra.
Nessun regolamento statale può prevedere tutti i possibili casi materiali che si possono presentare. Proprio la mancanza di autodisciplina ha portato all’iper regolamentazione di casi specifici al punto da generare risultati farseschi e contraddittori. Ma se la popolazione avesse davvero preso coscienza della tragedia in termini di vite umane, di esistenze umane, che stiamo vivendo, la riapertura non avrebbe generato le folle che abbiamo visto e la conseguente ri-regolamentazione che ora sembra necessaria.
In Cina, in sostanza, tutta la società, in tutte le sue articolazioni pubbliche e private, dallo stato all’ultimo individuo, si è mossa tutta insieme nella stessa direzione nel perseguimento di un obiettivo comune, contro una minaccia generale.
Questo comprende anche l’informazione, che si è impegnata a promuovere e diffondere i comportamenti corretti e ammirevoli, così come gli intellettuali si sono uniti allo sforzo mettendo la propria conoscenza e la propria autorevolezza al servizio dell’obiettivo comune. Questa unanimità di sforzo viene letta in occidente, anche da una parte della sinistra, come mancanza di democrazia e di libertà. Si dimentica che il primo diritto umano è quello alla vita, e qui in occidente lo tuteliamo solo da un certo livello di reddito in su.
Qui l’informazione invece si è distinta per la contestazione continua e contraddittoria a qualsiasi decisione venisse presa; per il dare voce tanto agli interessi economici refrattari alle chiusure e disinteressati alle morti, quanto al nichilismo e irrazionalismo che pervade la società. E ha in definitiva usato quest’ultimo a difesa degli interessi economici e contro il diritto alla vita e alla salute. Si è quindi assistito in tutto l’occidente allo spettacolo indecente di novelli immunologi ed epidemiologi formatisi su internet, di cospiratori e negatori, di lottatori per la libertà di consumare e di tutti i contestatori della realtà, che hanno mostrato la deriva presa dall’occidente negli ultimi decenni. Comportamenti che hanno lavorato contro il bene comune e che sono stati promossi e sostenuti dagli interessi economici prevalenti, dalla grande maggioranza dei mezzi di informazione e dalle reti sociali, che li hanno lasciati liberi di circolare senza cura del fatto che questi generavano dubbi nella popolazione e ostacolavano la veloce uscita dalla pandemia.
Il risultato è che la Cina è uscita mesi fa dalla pandemia e la vita è tornata quasi normale, mentre in occidente ci dibattiamo in un disastro senza fine, attuando misure contraddittorie e insufficienti, promuovendo al contempo comportamenti utili e comportamenti nocivi al perseguimento dell’obiettivo e decidendo in sostanza, di sacrificare vite sull’altare dell’economia.
Aggiungo una sola osservazione sulla richiesta (giusta) della sinistra di maggiore spesa pubblica. Spesso si dice che è necessaria maggiore spesa pubblica che riacquistare la nostra libertà. E che in particolare vada aumentata la spesa sanitaria. Per quanto sia vero che la spesa pubblica sociale (non tutta) sia stata tagliata negli ultimi decenni e che vada aumentata, davanti a una pandemia che progredisce a ritmo esponenziale, questa sarà presto insufficiente. Inoltre non si possono produrre medici nottetempo, sono necessari 3-5 anni per produrre medici specializzati e infermieri.
La vera differenza nella sconfitta della pandemia la fa quindi la spesa pubblica non sanitaria. Aumentare i posti letto in ospedale è utile, ma ha limiti dati dal fatto che i medici sono in numero fisso. Per sconfiggere la pandemia è necessario approntare quelle misure che permettano di chiudere tutta l’attività economica e sociale per un tempo sufficiente a fermare la diffusione della pandemia, cioè è necessario una spesa pubblica non sanitaria che cresca, quella si, esponenzialmente, in modo che tutti i settori economici della società non debbano andare incontro a perdite economiche troppo forti, tali da generare rifiuto delle misure sanitarie e di contenimento e quindi richieste di sabotaggio.
La sinistra radical: più intervento pubblico, più chiusure, ma basta con l’intrusione nella sfera individuale!
La sinistra liberal risponde: la colpa è dei cittadini incoscienti, qui siamo una liberal democrazia, non possiamo fare come la dittatura cinese.
In seguito ad alcuni utili commenti ci tengo a precisare alcuni punti.
L’oggetto di cui parlo non è il governo italiano, il modo in cui ha gestito la pandemia o l’alternarsi delle misure che sono state prese. Il mio oggetto sono le critiche da sinistra al governo. Faccio una critica alle critiche.
Nei commenti della sinistra che leggo on line vedo ricorrere alcuni temi: 1) la critica della sinistra liberal all’autoritarismo cinese 2) la critica della sinistra radical all’invadenza del governo nella sfera personale e il porre in alternativa intervento pubblico e autodisciplina personale, a cui si aggiunge un rifiuto del controllo sociale dei comportamenti individuali (l’accusa di fomentare la delazione).
La critica della sinistra dovrebbe concentrarsi sul fatto che il governo ha cercato di “contemperare” esigenze di profittabilità con il diritto alla vita e alla salute, di fatto negando il secondo. Dovrebbe sottolineare che l’alternativa doveva essere la chiusura totale per il tempo che era necessario, unita a un intervento pubblico forte attraverso l’utilizzo massiccio di spesa pubblica per calmierare gli effetti della chiusura. Insieme a questo (e non in alternativa) era necessaria promozione della mobilitazione “spontanea” della società nel perseguire comportamenti che aiutassero il raggiungimento dell’obiettivo e la sanzione sociale di chi pensava solo ai fatti suoi. La promozione di questi comportamenti e della sanzione sociale contro chi non collabora con gli altri, doveva essere promossa assieme a quanto detto precedentemente.
Cioè sarebbe necessaria una critica che si concentrasse su tutti questi elementi contemporaneamente, mentre le varie frazioni politiche criticano il governo ponendo queste in alternativa: “più intervento pubblico, (forse) più chiusure, ma basta con l’intrusione nella sfera individuale!” dice la sinistra radical. E la sinistra liberal risponde “la colpa è dei cittadini incoscienti, qui siamo una liberal democrazia, non possiamo fare come la dittatura cinese”. Io critico quindi le critiche invitando la sinistra radical a completare la critica e rivedere le posizioni “libertarie” che ha assunto e che contrastano con l’attenzione mostrata alla Cina negli ultimi anni.