Il vaccino come arma geopolitica
di Lorenzo Battisti
Fin dall’inizio questa pandemia è stata anche (e sopratutto) una questione economica e geopolitica (almeno nel mondo occidentale). Lo si è visto quando i paesi colpiti erano solo due, Italia e Cina (inizio e fine della nuova Via della Seta), trattati come appestati e condannati all’isolamento commerciale internazionale: gli altri paesi vedevano nella diffusione del virus a questi paesi un modo per rubare loro clienti sui mercati internazionali. Inoltre era un modo per bloccare il piano cinese OBOR che permetteva a questo paese di uscire dal nascente blocco americano (il Pivot to Asia di Obama). In sostanza, nessuna cooperazione o solidarietà, ma competizione.
Il gioco oggi rimane lo stesso. Sono solo cambiati i termini del problema. Ora che la malattia è diventata pandemica, ora che questa si è diffusa a tutto il globo, il primo blocco economico che ne esce approfitta della situazione per prendere spazi economici ai blocchi che non sono riusciti a uscirne. In sostanza, prima si riesce a vaccinare tutta la popolazione e più si possono perlomeno limitare i danni economici e sociali.
In questo contesto diventa centrale la vaccinazione di massa della propria società. Da qui deriva la corsa di tutti al vaccino. Facciamo quindi il punto sulle vaccinazioni e sui vaccini per capire cosa sta succedendo.
Il primo fattore da considerare è l’ostilità alla vaccinazione. Quello che, da un punto di vista individuale, è un diritto da esercitare o meno, da un punto di vista collettivo è un’arma da utilizzare contro i concorrenti economici. In questo i “complottisti” e i “negazionisti”, lungi dall’essere più intelligenti degli altri (come danno a credere e come sembrano convinti di essere) funzionano da utili scemi dei blocchi economici concorrenti. Altroché patriottismo e sovranismo. Infatti se tramite abili campagne si riesce a convincere una parte importante della popolazione dell’avversario economico a rifiutare la vaccinazione, si condanna questo a una permanenza prolungata nello stato di isolamento economico internazionale, con gravi danni sociali e lasciando le imprese esterne a quel blocco lo spazio per imperversare nei mercati mondiali. E sappiamo che la comunicazione è diventata, da almeno tre decenni, un campo di scontro geopolitico a cui i servizi segreti di tutto il mondo si sono interessati.
Il secondo punto è il vaccino. O meglio, i vaccini. L’attuale situazione mondiale caratterizzata dalla prevalenza del mercato e da una competizione internazionale tra paesi sviluppati e paesi emergenti ha impedito la collaborazione internazionale per la ricerca e la diffusione di un solo vaccino, una cosa che sarebbe risultata logica nel contesto di una malattia che colpisce tutta l’umanità. Il risultato è che ogni paese ha sviluppato il proprio vaccino. E per quanto riguarda l’occidente, questa ricerca è stata lasciata alle aziende private (seppur finanziate con fondi pubblici), così che ogni paese si è posto in concorrenza con gli altri nella ricerca del proprio vaccino. O meglio, si è cercato di fare in modo che le proprie aziende potessero arrivare prima delle altre al risultato e potessero approfittarne economicamente. Questo gioco ha portato anche a campagne di discredito incrociate al fine di colpire le aziende concorrenti: si insinuava che i vaccini a Rna messaggero potessero modificare il Dna umano per poter promuovere il proprio vaccino “classico”; le aziende colpite hanno risposto suscitando dubbi sull’efficacia del vaccino classico rispetto a quello a mRNA. Non un bello spettacolo in cui, ancora una volta, i complottisti, i negazionisti, i sovranisti sono serviti come massa di manovra di campagne informative al servizio di interessi tutt’altro che limpidi o patriottici.
La situazione attuale dei vaccini può essere riassunta in questo modo. Per quanto riguarda l’occidente, ci sono diversi vaccini, sviluppati da diverse aziende, che sono stati autorizzati (cosa diversa dall’approvarli) sulla base di dati forniti dalle stesse aziende produttrici, un fatto questo che pone qualche dubbio sulla fondatezza degli stessi. A questi si aggiungono i vaccini sviluppati dai paesi non occidentali, che hanno messo in campo una strategia nazionale in modo da sommare tutti gli sforzi nella ricerca del vaccino: in particolare sono in campo il vaccino russo, quello cinese e quello cubano. Il loro sforzo è stato pianificato partendo dalla certezza che l’occidente, qualora fosse giunto al vaccino, mai lo avrebbe condiviso con le ex colonie, usandolo piuttosto come arma di pressione e di controllo. Al contrario di noi occidentali competitivi, questi paesi hanno offerto il proprio vaccino agli altri paesi, credendo veramente in uno sforzo comune dell’umanità per salvare vite umane e uscire dalla pandemia.
C’è un fattore che va aggiunto a tutto questo. E sono gli Stati Uniti. Trump, come gli altri sovranisti internazionali, ha deciso di negare la realtà, cioè di negare l’esistenza del virus, di negarne la virulenza o di ignorarne gli effetti. Per questo non solo non ha proceduto a una chiusura nazionale, ma ha combattuto quei sindaci e quei governatori che al contrario avevano deciso chiusure parziali o totali. Nel contesto di competizione internazionale economica e geopolitica, tenere aperta la propria economia quando le altre chiudono permette di rubare mercati agli altri. Ma per poterla tenere aperta, l’unico modo modo “razionale” a disposizione è la negazione della realtà, cioè negare che il virus esista o sia pericoloso come raccontano i media ufficiali. Da qui la lotta alla “fake news” (alle notizie false) di Trump riguardo alla pandemia. D’altra parte, se la pandemia non esiste, non c’è ragione per preparare campagne nazionali di vaccinazione. In sostanza, mentre l’Europa correva a prenotare dosi di vaccino, Trump ha tenuto fuori il proprio paese da questa corsa.
L’elezione di Biden ha cambiato tutto, anche se la sinistra europea, presa da ululati di giubilo, non sembra essersene accorta. Biden al contrario è cosciente che la strategia di Trump non ha funzionato e che questa ha colpito in particolare la base elettorale democratica (in particolari le comunità povere, soprattutto nere). In brevissimo tempo ha deciso un cambiamento di marcia: il suo obiettivo è di vaccinare tutto il paese in pochi mesi per riportarlo sui mercati internazionali prima degli altri e per fare ripartire il mercato interno legato al turismo, agli acquisti e al tempo libero. Il risultato è che, in un mercato in cui la produzione era già insufficiente, si è all’improvviso materializzata una domanda aggiuntiva di 600’000’000 vaccini proveniente dagli Usa. La lotta per il vaccino, vista la situazione di indipendenza vaccinale dei paesi emergenti, si configura quindi come una competizione atlantica tra gli europei e gli americani.
Davanti alla nuova domanda americana, e nonostante le prenotazioni provenienti dall’Unione Europea, le aziende farmaceutiche sono state obbligate a scegliere, vista l’impossibilità di aumentare la capacità produttiva nel breve periodo: o si teneva fede all’impegno preso con l’Unione Europea, oppure si dirottava quella stessa fialetta verso gli Usa. In sostanza, o l’Unione Europea usciva dalla pandemia approfittando del ritardo americano dovuto alle scelte di Trump, oppure ne uscivano prima gli Usa, lasciando l’Europa come ultimo malato mondiale e senza i mercati esteri ormai presi dagli altri paesi. Le aziende farmaceutiche hanno scelto la seconda strada, nonostante gli impegni presi con l’Unione Europea. Questo conferma che a livello internazionale c’è ancora una gerarchia, non solo tra occidente e paesi emergenti, ma anche all’interno dei paesi sviluppati. E non si tratta solo di una corsa al rialzo dell’offerta per i vaccini: le aziende farmaceutiche, una volta ricevuta la richiesta americana non sono corse in Europa per un’asta al rialzo; hanno eseguito le richieste americane, semplicemente. Questo sta dando un colpo, forse definitivo, all’ideologia mercatista europea: le produzioni fondamentali non possono essere lasciate agli alea dei mercati. Dove peraltro non agisce alcun alea, bensì agiscono dei rapporti di forza.
I paesi europei si trovano in questa situazione: hanno speso miliardi per fare sviluppare i vaccini alle aziende farmaceutiche, ma si trovano con consegne fatte con il contagocce; nel mondo, i cinesi ne sono già usciti, i russi lo stanno facendo grazie al proprio vaccino e gli americani ne usciranno prima degli europei grazie ai vaccini che hanno rubato agli europei stessi, i quali non solo avevano pagato per avere un diritto di prelazione sulle fiale, ma ne avevano pagato anche i costi di ricerca e sviluppo. E ora rischiano di diventare il malato mondiale, tagliato fuori dal mercato e con il turismo e il commercio a terra.
All’Europa non restano che due soluzioni, in realtà non alternative. Una soluzione per uscire dalla situazione attuale è quella di aprire ai vaccini provenienti da Cuba, dalla Russia e dalla Cina per compensare i vaccini rubati dagli americani. Questo però implica riconoscere e prendere coscienza di due fatti. Il primo è che non esiste alcun “patto atlantico”, ma che questo è al contrario un accordo di soggezione europea agli americani. Al posto della supposta cooperazione esiste una competizione tra americani ed europei nel quadro di una superiorità americana che non può essere messa in discussione neanche nei rapporti con gli europei. L’eccezionalismo americano della città sulla collina non si cancella di certo di fronte al vecchio mondo. Il secondo è il riconoscimento di un’eguaglianza tra i popoli europei e gli ex popoli colonizzati. Una cosa questa che gli europei non sembrano pronti a fare, neanche a fronte della necessità attuale: significherebbe riconoscere la realtà del legame con gli Usa e riconoscere che gli altri popoli non sono inferiori e quindi bisognosi della nostra tutela e della nostra guida. Anzi hanno le capacità tecnologiche e le intelligenze per sviluppare come noi dei vaccini efficaci e l’umanità di offrirceli per aiutarci. Questo passo sembra lontano dal compiersi in Europa che vede gli altri popoli non occidentali come inferiori (in maniera consapevole o meno) se si pensa alla parte “progressista” del continente (quindi incapaci per esempio di sviluppare vaccini più efficaci dei nostri), o pericolosi e minacciosi (se si pensa alla parte reazionaria). Non è un caso che fascismo e nazismo siano nati nel nostro continente come reazione alla liberazione dei popoli colorati e come riaffermazione della superiorità dell’uomo bianco.
L’altra possibilità, ripeto non in alternativa con la prima, è quella di non riconoscere i brevetti sui vaccini. Vista la situazione di crisi generale il vaccino va riconosciuto come un bene comune dell’umanità, come l’aria, non sottoponibile a diritto di proprietà esclusiva. Tutti dobbiamo respirare, non si può determinare un diritto di proprietà sulla stessa perché ne andrebbe della vita umana. Lo stesso dovrebbe essere per esempio per l’acqua, come dal risultato del referedum del 2011. E così deve essere per il vaccino. Il virus è una minaccia per la vita umana, non solo europea o occidentale, ma mondiale. Se queste ragioni umane non dovessero bastare, ci sono quelle economiche e politiche. Da questa pandemia non se ne uscirà finché tutto il mondo non sarà vaccinato. Compresi i popoli del sud, o quelli occidentali meno avanzati. La pandemia obbliga (o almeno spero che insegni) che il destino dell’umanità è comune. Se ne uscirà tutti insieme o non se ne uscirà. Il mio destino dipende in sostanza non solo dalle mie scelte ma anche dalle scelte del mio vicino, tanto a livello individuale che internazionale. La competizione internazionale tra blocchi e stati è in sostanza costata vite umane, oltre ad aver causato povertà, disoccupazione, disperazione.
L’invito è quindi quello a collaborare con gli altri popoli, che siano occidentali o meno, che siano biondi o gialli, neri o latini, al fine di uscire tutti insieme da questa situazione e mettere fine a una competizione mortifera di cui beneficiano solo i ricchi e potenti. E le aziende farmaceutiche. Per questo, per il bene collettivo, bisogna fermare i profitti privati sui vaccini: la limitazione della proprietà privata e il suo indirizzo per il bene collettivo sono iscritti nella Costituzione Italiana nata dalla Resistenza. Possiamo come popolo italiano procedere a questa limitazione della proprietà sui vaccini per tutelare la salute pubblica e possiamo farci promotori, a partire dalla nostra Carta, di una risoluzione che metta fine a livello europeo e mondiale al ricatto delle imprese farmaceutiche sulla pelle dei popoli. Questa è un’ “italianità” di cui i sovranisti, da Salvini alla Meloni alla miriade di gruppi e gruppetti “oltre la destra e la sinistra” non vi parleranno mai.
Per questo invito tutti a compiere un primo passo e a firmare l’iniziativa europea, promossa dalla Sinistra nel Parlamento europea e sostenuta da associazioni e sindacati ben oltre il perimetro della sinistra, per mettere fine ai profitti sulla pandemia. Preparate i vostri dati perché non si tratta di una delle tante raccolte firme inutili che riceviamo, su change o su altre piattaforme. Questa è “ufficiale”, come le raccolte firme per i referendum e certificata: se raccoglierà un milione di firme obbligherà il Parlamento Europeo a discutere la proposta di cancellazione dei brevetti che permetterà a tutte le aziende farmaceutiche e agli stati di produrre il vaccino senza pagare i diritti a BigPharma. Renderà in sostanza il vaccino un farmaco generico a disposizione di tutti, a prescindere dal reddito e moltiplicherà la capacità produttiva.