Il leone ruggisce ancora… Il Festival di Venezia non delude
dal nostro inviato Roberto Ferretti
E’ il festival cinematografico più longevo del mondo, e pure il più italiano, non solo perché batte bandiera tricolore bensì per il congenito caos organizzativo dal quale non riesce a emarginarsi. Tutto ebbe inizio nell’agosto del 1932, in pieno ventennio fascista, grazie a una intuizione del conte Giuseppe Volpi di Misurata (di qui l’omonima coppa Volpi il premio per le migliori interpretazioni maschili e femminili). Il palazzo del cinema ancora non esisteva e la piccola mostra del cinema si tenne sulla terrazza dell’Hotel Excelsior, bellissimo albergo in stile Moresco. La sera del 6 Agosto venne proiettato il primo film: “Il dottor Jekyll” di Rouben Mamoulian. La kermesse venne poi interrotta con la guerra e ripresa solo nel ’46. Nel frattempo i cugini d’oltralpe, che non erano dei pivelli, avevano già messo in piedi un concorrente temibile, il Festival di Cannes, costringendo Venezia a slittare a metà settembre.
Per i 75 anni dalla nascita della Kermesse veneziana (64° edizione), il direttore Marco Muller ha deciso di rimodernare, l’allestimento, davanti al palazzo del cinema dove le stars sfilano sorridenti sul tappeto rosso, lasciandosi immortalare dai fotografi durante il consueto bagno di folla. Dopo tre anni la nuova scenografia è stata affidata al premio Oscar, Dante Ferretti. Gli oltre sessanta leoni, a grandezza naturale, sono usciti di scena in buon ordine per lasciare posto a una gigantesca sfera d’acciaio che abbatte un muro di mattoni, chiaro riferimento al film del maestro Fellini :”Prova d’orchestra”. Sempre in onore della importante ricorrenza, il buon Muller ha fortemente voluto che la giuria di quest’anno fosse composta esclusivamente da registi, con presidente il maestro Zhang Yimou.
Così il premio più ambito il “Leone d’oro” è stato consegnato da un Cinese nelle mani di un Taiwanese. A due anni dalla vittoria con il film “Brokeback Mountain” il regista Ang Lee torna a sollevare la statuetta più ambita con “Lust, Caution”. Un record che non ci sentiamo di sottoscrivere. Questa torbida storia, interamente girata in lingua cinese e ambientata nella Shanghai degli anni ‘40 occupata dai giapponesi, c’è apparsa un po’ pedante. Per raccontare le vicende fatte di spionaggio e resistenza non erano necessarie due ore e trentasei minuti di film. Non a caso, il buon Ang Lee,ha trovato inevitabile inserire piccanti scene d’erotismo per tenere in piedi la struttura assai debole del film, con finale prevedibile già dopo mezz’ora.
In questa edizione del festival abbiamo assistito a diversi film che ci hanno convinto sia come prodotto cinematografico che nei contenuti. Un grande cineasta come Brian de Palma si è presentato con un lavoro coraggioso per un regista americano: ”Redacted”. Un film di denuncia sulla guerra in Iraq, costruito con una struttura a metà tra documentario e fiction. Lo spettatore rimane scosso dalle crude immagini, rese ancora più terribili perchè sembrano rubate dai filmini che i soldati stessi girano con le videocamere o con i telefonini nelle lunghe noiose pause, e durante gli interminabili turni di guardia. Questa ingegnosa tecnica, che mescola video messaggi scaricati da internet con scene girate in set da attori bravissimi e credibili, ha conquistato la giuria, la quale ha insignito Brian de Palma del “Leone d’argento” per la regia.
Mai come in questa edizione del Festival ci è capitato di incappare in un film che mettesse d’accordo in eguale misura sia il pubblico che la critica specializzata. Stiamo parlando del lavoro di un giovane regista franco-tunisino Abdellatif Kechiche dal titolo “Le graine et le mulet”. Portandosi a casa il “Premio della Giuria” e il premio “Marcello Mastroianni” grazie alla giovane emergente Hafsia Herzi, questo film per una volta ha incontrato anche il gusto della giuria internazionale, che solitamente ama in maniera perversa andare controcorrente.
In una città di mare (Setè) una famiglia allargata francese, ma di chiare origini tunisine, si barcamena tra storie sentimentali e problemi economici derivati dalla crisi del mercato della pesca. Una famiglia povera, ma in fondo ricca di quella risorsa che per secoli è stata la forza di chi non può permettersi di sbagliare, ovvero i figli. Con i soldi della liquidazione il capofamiglia (Sliman) si lancia in un progetto insolito: acquistare un fatiscente mercantile per trasformarlo in un ristorante galleggiante, specializzato in Couss-Couss al pesce. I dialoghi lunghissimi, in uno stretto slang delle periferie francesi, possono apparire improvvisati ma sono sicuramente frutto d’estenuanti prove e probabilmente perderanno con il doppiaggio. Il film merita lo sforzo della visione (ben 151 minuti).
Grandi soddisfazioni ha riservato la rassegna “Giornate degli autori” giunta quest’anno alla quarta edizione. Fra tutti spicca il lavoro d’esordio di un regista messicano, “Rodrigo Plà” dal titolo la “Zona”, premiato anche con il “Leone del futuro” per le opere prime.
Il film è ambientato in un esclusivo quartiere residenziale riservato a ricchi professionisti di Città del Messico, chiamato appunto la zona, a pochi chilometri dalle baraccopoli dove vivono circondati da alte mura e protetti da un rigido corpo di vigilanza. La serenità dei facoltosi abitanti viene messa a repentaglio quando una falla nel sistema di sicurezza rende vulnerabile la zona permettendo ad alcuni ladruncoli di penetrare nella fortezza, come un virus che entra in un organismo sano, scatenando una drammatica caccia all’uomo. La reazione è violenta e le conseguenze saranno devastanti per la ricca comunità, che vedrà messa a repentaglio i propri privilegi e la legalità speciale di cui fino ad allora si era giovata.
Molto divertente abbiamo trovato anche un film polacco dal titolo “Sztuczki” (Trucchi). In estate in una piccola cittadina, un bambino di sei anni vive con la mamma e la sorella maggiore. Il padre è assente, scappato forse con un’altra donna quando era troppo piccolo per ricordarsene. Un uomo scelto a caso nella stazione diventa il potenziale padre per il piccolo Stefek. Così con piccoli trucchi e gesti scaramantici riesce a interrompere la ritualità quotidiana di questo sconosciuto fino a dirottarlo in paese…
Per ultimo ci sentiamo di consigliare la divertente commedia romantica di un giovane regista francese, Emmanuel Mouret, ”Un Baiser, s’il vous plait!” (Ci baciamo?). Sorretto da un’ottima sceneggiatura la trama narra di un incontro casuale tra Gabriel ed Emilie, e di un bacio richiesto, che avrà conseguenze imprevedibili.
Meno male che il premio speciale del 75° anniversario, è finito tra le mani del regista Bernardo Bertolucci, in caso contrario non avremmo visto neppure un italiano sul palco delle premiazioni. La giuria internazionale non se l’è proprio sentita di ricambiare l’ospitalità con un riconoscimento, seppur minimo, ai film italiani in concorso, ben tre. E purtroppo non possiamo non essere d’accordo con questa scelta: la rinascita del cinema italiano è ancora di là da venire.