Fino a che punto una coppia può dirsi la verità? Recensione a “Malcom & Marie” (Netflix)”
di Fabrizio Simoncini
Il richiamo al termine amore, o il semplice dirsi ti amo, evocano da sempre nella coppia che si pensa in questa modalità: complicità, spazi comuni interiori, assenza di lati oscuri… ma è veramente così? Il film Malcolm & Marie (originale Netflix) ha il merito di ribaltare questo gioco di ruoli apparentemente scontato, nell’esatto suo contrario.
Una sceneggiatura dirompente girata in un magnifico bianco e nero, accompagnata da una colonna sonora elegante e ricercata, fanno di quei 106 minuti di narrazione una vera seduzione mentale. Malcolm & Marie è un film per certi versi nichilista, o forse meglio talmente realista da decostruire attraverso chirurgiche iniezioni di verità la dimensione d’amore di una coppia, apparentemente consolidata e innamorata.
L’ambientazione si svolge esclusivamente all’interno del raffinato villino dove i due vivono e in cui sono appena rientrati, dopo il successo cinematografico tributato in sala da pubblico e critica al regista Malcom (l’attore John David Washington). La sua compagna Marie (Zendaya) è però visibilmente insoddisfatta e gli chiede del perché, nel discorso finale di ringraziamento lui non l’abbia minimamente citata. Da lì parte una spirale in cui il rapporto in essere si avviterà in modo sempre più incalzante e drammatico, con apparenti momenti di pacificazione e improvvisi sprofondi.
In un’implacabile battaglia psicologica i personaggi in campo cominciano a scoperchiare brandelli di realtà fino ad allora occultata: scoprendo così, poco alla volta, come l’uno percepisca l’altro, le insoddisfazioni e i segreti che avevano sempre taciuto. Un gioco pericoloso dove la verità inizialmente mascherata si svela lentamente, andando a toccare le parti più insondabili del rapporto. È un continuo ribattere colpo su colpo, e né Malcom né Marie hanno intenzione di fermarsi. La riconciliazione sembra ogni volta a un passo, ma l’essersi spinti troppo oltre nell’esporsi ne pregiudica il finale che scontato non sarà. Raccontare la verità significa piantare immagini nella testa dell’altro che non lo abbandoneranno mai.
In uno dei momenti più critici della narrazione ho messo in pausa il film: ero esattamente a metà, e che cos’altro può ancora accadere sul piano psicologico mi sono chiesto? E invece la sottile impercettibile violenza della sincerità si insinuerà incessante, sparigliando, nel dipanarsi della notte, mossa e contromossa di ciascuno dei due protagonisti.
Il finale non poteva che restare aperto: dopo un breve sonno, l’alba sopraggiunge su Malcom e Marie. Loro, in piedi in giardino, vengono ritratti dalla telecamera dall’interno della loro stanza da letto. Quell’immagine suggestiva ci conduce definitivamente alla domanda che attraversa tutto il film: l’esplosione della verità, anche quella più oscura e insondabile, all’interno di una coppia ne cementa il rapporto e lo rilancia in nuova dimensione di appartenenza oppure l’accesso al non detto sarà alla fine talmente insopportabile da terremotarne le presunte fondamenta?
Se l’ultima ipotesi fosse quella più convincente (come io credo), ci confermerebbe come in ogni dimensione amorosa, anche per quelle che si ritengono sommamente consolidate, esista uno spazio interiore riservato, dove l’accesso all’altro sia negato, e quella negazione paradossalmente consenta al rapporto stesso la sopravvivenza. Dunque si dimostrerebbe come anche l’amore, per restare in vita, abbia bisogno di occultare più che svelare. Il mistero dell’inaccessibile e il fascino che da esso promana, si mostrano quindi come chiavi ineludibili per aderire al simbolico: dove sessualità e anima vogliono ritrovare l’illusione di un possibile completamento, anche a costo di un inganno necessario.
Dare valore all’arcano e all’ignoto può essere l’elemento decisivo per sostenere la tensione di un rapporto: alimentare il fattore misterico che potremmo chiamare “chissà?”… chissà se qualcuno ha amato, colui o colei che amiamo, in modo migliore. Domanda che solo se irrisolta, ci spinge forse a diventare compagni migliori. Dunque, quando stai dicendo all’altro “sarò sincero”, probabilmente stai già mentendo o peggio stai smettendo di amare.