E se fossero gli Usa a uscire dalla Nato?
di Carlo dei Galli
All’incontro della Nato a Bruxelles del 12 luglio u.s. il presidente americano Donald Trump ha dato il solito spettacolo: «prende la parola, brucia i due minuti a sua disposizione e travolge gli alleati. Mischia gli argomenti, punta il dito contro le case tedesche colpevoli di vendere troppe auto negli Stati Uniti, fa capire di non volere che i progetti di difesa Ue tolgano commesse alle imprese Usa e che anzi il Vecchio Continente dovrebbe comprare il gas americano anziché quello russo. Poi passa alle spese militari e arriva al punto: chiede a tutti di spendere il 2% del Pil per la difesa entro il primo gennaio 2019, ben prima del 2024 concordato da anni: “Altrimenti faremo per conto nostro”. In sala cala il gelo, mentre una vocina misteriosa recapita alle agenzie di stampa tedesca e belga la notizia shock che in pochi secondo fa il giro del mondo: Trump ha minacciato di abbandonare la Nato se gli alleati non aumenteranno subito i contributi». Gli alleati subito se la fanno sotto e corrono ai ripari: che l’aumento delle spese militari al 2% resti fissato al 2024, però intanto noi ci mettiamo qualche soldino in più. Allora il Trump in conferenza stampa può fare anche il magnanimo: «si presenta sul podio affiancato da Mike Pompeo e John Bolton e annuncia: “Potrei lasciare la Nato, ma ora non ce n’è bisogno visto che ho ottenuto 33 miliardi in più dagli alleati [in realtà, come comunicato dal capo dell’Alleanza Stoltenberg, i miliardi saranno 41, ma erano – guarda un po’ – già preventivati] e la promessa che tutti accelereranno verso il 2%. Prima ero molto triste, ora sono molto felice”… E dall’aereo cinguetta: “Grazie Nato”» (così Alberto D’Argenio su “La Repubblica” del 13 luglio 2018).
Ma sarebbe mai possibile che gli Stati Uniti possano avere convenienza ad uscire dalla Nato, quell’alleanza nord-atlantica che avevano imposto all’Europa occidentale nel 1949 in funzione anti-sovietica? A monte c’è una revisione dell’orizzonte geopolitico di cui Trump si sta facendo paladino.
1. Trump (non in quanto persona, ma in quanto voce di un pezzo di classe dominante americana) ha sempre mostrato una avversità verso la Nato, nascosta, come le altre cose, sotto una verbosità grossolana che gli serve per testare la ricezione delle sue proposte. Non risulta quindi nuova l’idea che gli Usa possano uscire dalla Nato e fa scalpore solamente perché prima la proposta non era stata presa sul serio. Ma sarà veramente così? Non lo sappiamo perché dipende da tanti fattori, tra cui lo scontro interno al gruppo dominante americano, che però The Donald sta vincendo. Allora prendiamolo sul serio per una volta.
Perché dunque gli Stati Uniti potrebbero uscire dalla quella Alleanza che ha costituito per decenni lo strumento di comando tanto verso gli avversari quanto verso gli alleati? Per tante ragioni. Gli alleati hanno accettato tale alleanza (che imponeva la rinuncia alle proprie capacità di sviluppo e li costringeva ad un vassallaggio economicamente costoso verso gli Usa) fintanto che c’è stata la minaccia sovietica alle porte. Ma con la fine del nemico, anche le ragioni di quella alleanza sono venute meno, facendo ripartire la concorrenza intercapitalistica e interimperialistica tra l’Europa e gli Stati Uniti. E allora che vinca il migliore (anche durante la guerra fredda chi, come il generale De Gaulle, non accettava questa sottomissione, ha potuto uscire dalla Nato per perseguire la propria politica verso i sovietici e per coltivare i propri interessi economici in barba all’Alleanza).
Dopo la fine dell’Unione Sovietica nel 1991 la Nato è stata artificialmente tenuta in vita con la creazione in continuazione di un nemico esterno da combattere (Vladimir Putin coadiuvando alla grande), ma è stata sostenuta con sempre minore convinzione dagli europei che da subito hanno provato a camminare con le proprie gambe costruendosi un esercito europeo (non si sa mai!) ed intrecciando, quando possibile, relazioni d’affari con quella Russia non più sovietica. Ma la vera ragione che ha mantenuto gli alleati europei dentro la Nato è che essa permetteva loro di risparmiare sulle spese militari, scaricandone il costo sugli Usa (se volete la supremazia, allora pagate!) e di vantarsi in giro per il mondo del fantasioso modello sociale “pacifista” messo all’opera nel Vecchio Continente. Già Obama aveva chiesto un riaggiustamento che portasse le spese militari di tutti al 2% nel giro di un decennio, e ora Trump non fa che alzare la posta chiedendo di arrivarci nell’immediato, ma nello stesso momento in cui la Bce aumenta i tassi d’interesse e la cura “austeritaria” del Fiscal Compact ha falcidiato i redditi dei lavoratori. Ma tant’è: in caso contrario gli Stati Uniti se ne andranno, lasciando gli europei alle prese dirette con l’“orso russo”.
Ma soprattutto quello che è cambiato, nonostante le analisi oniriche dei “rosso-bruni” (di quelli veri), è che il conflitto geopolitico si è spostato dall’Atlantico al Pacifico. Il vero nemico degli Usa, già con Obama e ora con Trump (in realtà almeno del 1989 in avanti) non è la Russia, ma la Cina. L’ostilità alla Russia permane, ma solo in seconda battuta, in quanto legata ai cinesi. Il vero nemico americano è quel Dragone che minaccia gli equilibri commerciali mondiali e la supremazia monetaria degli Stati Uniti (avete in mente il dollaro?). Ma se lo scontro si è spostato sul Pacifico, a cosa serve una alleanza “atlantica”? Appunto. Se ne può fare a meno perché non risulta più strategica. La stessa Europa appare marginale rispetto agli equilibri mondiali. E se durante la guerra fredda essa stava sul confine tra Ovest ed Est e addirittura ne era il confine, spaccata a metà dalla “cortina di ferro”, adesso che è stata riunificata è diventata periferia dello scontro geopolitico (nemmeno il suo euro, a vent’anni dal lancio, ce l’ha fatta a porsi come moneta mondiale almeno concorrente).
2. Eppure l’Europa potrebbe essere usata come merce di scambio. In che senso? La Cina risulta per il momento inattaccabile. Per diverse ragioni, la prima delle quali è economica La Cina possiede gran parte del debito pubblico americano e quindi, si dice, godrebbe di un potere di ricatto straordinario verso gli Stati Uniti. Ma questo è un falso problema. Nel caso malaugurato di un conflitto militare gli Usa rinnegherebbero il pagamento di qualsiasi debito, dato che lo sforzo economico dovrebbe essere orientato verso l’impegno bellico. Ma soprattutto la Cina produce una grande quantità di beni per il mercato Usa che non sono soltanto chincaglierie, come ancora si crede in Italia, ma anche beni tecnologici, beni intermedi, macchinari. Ora non si può fare la guerra ad un paese che produce i beni che ti sono necessari. Il giorno in cui gli Usa dichiarassero (guai mai!) guerra alla Cina, si troverebbero a dover recuperare in un attimo decenni di delocalizzazioni produttive in Cina (e non in Russia!). Per questo i dazi commerciali resuscitati da Trump sono un momento indispensabile della guerra alla Cina: prima della chiamata alle armi bisogna imporre alle imprese Usa il re-shoring, ossia il rimpatrio degli investimenti produttivi per rendere l’America economicamente indipendente dal nemico. Ed è per questo che la bilancia commerciale degli Stati Uniti verso la Cina deve tornare in pareggio!
Ma soprattutto non si può attaccare la Cina per via delle alleanze che è riuscita a costruire in questi anni con la Russia e con l’Iran, che le forniscono materie prime (petrolio e gas, ma non solo) e tecnologia militare. La tecnologia russa in campo militare è al momento superiore a quella americana, anche se inferiore numericamente. E la Cina dispone di molti soldati, ma di poche navi da guerra (vero mezzo di proiezione geopolitica) e di nessuna esperienza di guerra recente. Per questo l’alleanza russo-cinese è al momento vantaggiosa per entrambe le parti ed impedisce agli Usa uno scontro in campo aperto con il governo di Pechino. Obama voleva portare la guerra su due fronti: contro la Russia (in Ucraina e in Siria, così che la Nato e la Russia rimanevano centrali) e contro la Cina (il c.d. pivot to Asia), ma il risultato è stato controproducente perché ha avvicinato i due avversari.
Trump vuole invece dividerli. Vuole isolare la Cina per poi portare l’attacco quando sarà sola. Ma come dividere la Russia dalla Cina, oggi così saldamente unite? Non è che la fine della Nato possa essere l’offerta di Trump a Putin, con l’Europa come munifico regalo? Un’Europa unita (le provocazioni “trumpiste” non sembrano fatte apposta per unire gli europei e renderli indipendenti dagli Usa?), qualora si sentisse abbandonata dagli Usa, non potrebbe cadere nelle braccia della Russia? Senza più la minaccia della Nato e con la possibilità di entrare nel mercato europeo (materie prime in cambio di manufatti), la Russia potrebbe trovare un’alternativa interessante al mercato cinese che le verrebbe a mancare. La Russia riguadagnerebbe lo spazio perduto con la fine dell’Urss (addio ai baltici filo-nazisti e al “gruppo di Visegrad”), mentre gli europei sarebbero ben felici di comprare il gas russo senza più le sanzioni commerciali. E Trump potrebbe smobilitare le truppe americane dal Vecchio Continente per concentrarsi sul fronte asiatico e nel Pacifico. Si realizzerebbe così il sogno degli “euro-asiatisti”, ma sarebbe più un incubo. E si creerebbe finalmente quel polo imperialistico europeo, indipendente e in concorrenza con gli Usa, come sognano certi circoli di sinistra.
Io temo, al contrario di quello che pensano certi tifosi geopolitici da tastiera, che la Russia accetterebbe. Asfissiata da un ventennio di pressione militare ai suoi confini, la possibilità di trovarsi senza più un nemico alla porta e con l’occasione di entrare in Europa le permetterebbe finalmente di concentrarsi sul proprio sviluppo, senza più paure né timori. E agli Usa potrebbe assicurare una “benevola neutralità” nel caso di un futuro conflitto nel Pacifico.
Ovviamente non è detto che vada a finire così. Come si diceva, c’è uno scontro geopolitico in atto e non tutti pensano che quanto sopra raccontato sia la soluzione migliore. Ma almeno smettiamola, una volta per tutte, di prendere Trump per un buffone. Dietro di lui ci stanno teste pensanti e un gruppo di potere che sa quello che vuole.
L’ipotesi è credibile, ma se la strategia trumpiana è quella di cercare di dividere Russia e Cina, è destinata a fallire. La Russia non mollerà mai la Cina per l’esangue Europa. La dimostrazione? Quando si arriva a tenere sempre più frequenti esercitazioni militari congiunte, a condividere informazioni e procedure operative, quando si accetta di vendere alla Cina armamenti e know-how militare sensibile, vuol dire che le relazioni sono giunte oramai a livello strategico. Per non parlare dei due gasdotti attualmente in costruzione, che collegano la SIberia al nord cinese. La Russia è interessata a mantenere una politica dei “due forni”, facendo della Russia la piattaforma logistica di collegamento tra Europa e Cina. Dopo l’energia, Putin si sta preparando a rendere redditizia la stessa collocazione geografica del suo immenso paese.