Da Le Storie di Parma nella Cronaca di Salimbene, trad. Bernardo Rossi, Torino, Allemandi & C., 1990
antologia storica a cura di Adriano Simoncini
La pandemia di Covid-19 che uccide migliaia di persone in tutto il mondo è un flagello ovviamente non nuovo: nei secoli l’umanità ne è stata colpita più volte e scrittori di nome quali Tucidide, Boccaccio, Manzoni – citiamo i più noti – ne hanno narrato. Di seguito invece riportiamo quanto scrisse del suo tempo – era il XIII secolo – fra’ Salimbene da Parma: presagi di eventi, catastrofi e rituali per scongiurarli.
Del grande gelo che ci fu in quell’anno
Nell’anno del Signore 1234 ci furono nevicate e gelate tanto forti per tutto il mese di gennaio, che le vigne e tutti gli alberi fruttiferi gelarono. E le bestie selvatiche morirono a causa del freddo. E i lupi di notte entravano nelle città, e di giorno molti ne furono presi e furono esposti sospesi nelle piazze delle città. E gli alberi si spaccavano per il troppo gelo dall’alto al basso, e molte piante persero totalmente la forza vegetativa e si seccarono a causa di tale gelo.
Come le vigne furono distrutte per l’eccessivo gelo
Nell’anno del Signore 1235, in un certo giorno che fu mercoledì 18 aprile, venne un vento freddo e cadde una neve freddissima; e la notte dopo venne una grande brina, che ridusse le vigne come se fossero secche. E il giorno 23 aprile nevicò ancora e venne altra brina, in modo che le vigne furono distrutte completamente.
E nello stesso anno il Po gelò a tal punto che gente lo attraversava a piedi o a cavallo.
Del tempo dell’Alleluia
337 – Fu dunque l’Alleluia, come poi inseguito fu chiamato un certo tempo di tranquillità e di pace, durante il quale le armi da guerra furono completamente bandite; tempo di giocondità e di allegrezza, di gioia e di esultanza, di canti e di giubilo. E cantavano nenie e lodi divine i cavalieri e i fanti, i nobili e i popolani, i cittadini e i campagnoli, i giovani e le ragazze, i vecchi insieme agli adolescenti[1]. E in tutte le città d’Italia c’era questa devozione. E io vidi che nella mia città di Parma ogni parrocchia voleva avere il suo stendardo per via delle processioni che si facevano, e voleva che sullo stendardo fosse raffigurata la scena del martirio del Santo suo patrono.
Ad esempio: il modo in cui è stato scorticato San Bartolomeo era raffigurato nello stendardo della parrocchia nella quale era la chiesa dedicata al martire. E così negli altri casi.
338 – E anche arrivavano dai paesi in città con gli stendardi e in comitive numerosissime, uomini e donne, bambini e bambine, a sentire le prediche e a benedire il Signore. E cantavano le parole di Dio e non dell’uomo[2]; e la gente camminava nella salvezza, tanto che pareva essersi avverata la profezia: “Si ricorderanno del Signore e si convertiranno tutti i paesi del mondo. E al suo cospetto si metteranno in adorazione tutte le famiglie del mondo”[3].
E portavano in mano rami di albero e candele accese. E si tenevano predicazioni alla sera e alla mattina e a mezzogiorno, secondo la profezia: Al vespro, all’aurora, a mezzogiorno mi lamento e sospiro. Ed esaudisce la mia voce, salva in pace la mia anima dalla guerra contro di me, poiché troppi mi stanno contro[4]. E si facevano “stazioni”[5] nelle chiese e nelle piazze e la gente alzava le mani verso Dio per lodarlo e benedirlo nei secoli; e non riuscivano a smettere le lodi a Dio, tanto erano inebriati d’amore divino.
E beato chi poteva fare del bene in misura maggiore e lodare di più il Signore. Nessun sentimento d’ira in loro, nessun turbamento, nessuna discordia, nessuna lite e nessun rancore.
Di fra Benedetto che cominciò il moto devozionale che avvenne al tempo dell’Alleluia
339 – All’inizio venne a Parma fra Benedetto, che veniva chiamato fra Cornetta, uomo semplice e senza cultura, di buona innocenza e di onesta vita, che conobbi e col quale ebbi familiarità a Parma e poi a Pisa. Doveva essere della valle spoletana o delle parti di Roma. Non apparteneva a nessun Ordine religioso, viveva da solo e si studiava di piacere solo a Dio; era molto amico dei frati Minori. Sembrava un altro Giovanni Battista che camminasse avanti al Signore per preparargli un popolo perfetto[6]. Egli aveva in testa un berretto armeno, la barba lunga e nera, portava una piccola tromba di bronzo – o forse di ottone – con la quale suonava, e la sua tromba rimbombava con un effetto terrificante e dolce insieme.
Aveva una fascia di pelle ai fianchi, un vestito nero, a forma di sacco, tessuto grossolanamente, lungo fino ai piedi. La toga era confezionata a foggia di guascappa con davanti e di dietro una croce grande, rossa, larga e lunga, che scendeva dal collo fino ai piedi, come usa nelle pianete dei sacerdoti.
340 – Vestito in questo modo egli se ne andava con la sua tromba e predicava nelle chiese e nelle piazze e lodava Dio e gli veniva dietro una moltitudine grandissima di bambini, spesso con rami d’alberi e candele accese. E io stesso, stando sul muro del palazzo del vescovo – che stavano edificando in quel tempo – lo vidi più volte che predicava e lodava Dio. Cominciava le sue celebrazioni in questo modo: diceva in volgare: Laudato et benedhetto et glorificato sia lo patre! E i bambini ad alta voce ripetevano questa frase. E poi ripeteva le stesse parole con questa aggiunta: sia lo fijo. E i bambini riprendevano e cantavano le stesse parole. Poi per la terza volta ripetevano le stesse parole aggiungendo: sia lo spiritu sancto! E poi Alleluia, Alleluia, Alleluia. E suonava la tromba e poi predicava dicendo delle cose buone a lode di Dio. […]
Di una grande eclissi di sole
632 Avvenne un’eclissi di sole, nella quale il sole si oscurò in modo pauroso e terribile; e apparvero le stelle, come vidi coi miei occhi, io fra Salimbene da Parma che mi trovavo nella città di Lucca, che è una città della Toscana, e stavo già nell’Ordine dei frati Minori da un anno, più il tempo che intercorre fra la festa della Purificazione fino al giorno in cui il sole si oscurò, un venerdì, all’ora nona, nel mese di giugno, il giorno 3. E pareva notte scura. E tutti gli uomini e le donne ne ebbero grande paura, e correvano qua e là come impazziti, con terrore e sgomento. E molti, percossi dalla paura, vennero a confessarsi e fecero penitenza dei loro peccati. E molti che erano in discordia fecero pace fra loro. E messer Manfredo da Cornazzano della città di Parma, che a quel tempo era podestà di Lucca, presa in mano una croce, andava in processione per la città di Lucca, coi frati Minori, con altri frati e col clero; e lo stesso podestà predicava sulla passione di Cristo e faceva fare pace tra i nemici. Queste cose ho visto coi miei occhi, dato che abitavo nella città.
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[1] Salmi 148, 12.
[2] Atti 12, 22.
[3] Salmi 21, 28.
[4] Salmi 54, 18-19.
[5] La “stazione” liturgica è il convegno – o la sosta, durante un itinerario processionale – dei fedeli in un dato luogo. Si svolge con preghiere, canti, letture.
[6] Luca 1, 17.