“All’armi siam fascisti!” Recensione a uno dei documentari più censurati d’Italia
di Gabriella Gallozzi
In previsione del primo incontro del Maggio filosofico 2022 dedicato al documentario di Lino Del Fra, Cecilia Mangini e Lino Micciché, pubblichiamo una recensione di Gabriella Gallozzi*, uscita sul quotidiano L’Unità il 09 maggio 2012.
All’armi siam fascisti!
di Gabriella Gallozzi*
Quando si dice l’attualità dell’opera. Sono passati quasi sessant’anni da quando All’armi siam fascisti! esplose come una bomba nell’Italia che si affacciava sorridente al boom economico, ma non è invecchiato di una virgola, anzi di un solo fotogramma. Mai come ai nostri giorni – basta guardare alle cronache – la domanda cruciale che poneva lo splendido film diLino Del Fra, Cecilia Mangini e Lino Micciché su testo di Franco Fortini sembra trovare una sua risposta affermativa: «esiste ancora il fascismo?».
Trovarlo finalmente in dvd (per RaroVideo) – e adesso su Prime Video di Amazon – è quindi un regalo, un prezioso strumento di analisi critica al sistema-Italia, nonché un esempio di grande cinema che allora – eravamo nel 1961 – rivoluzionò il documentario italiano, militante, ponendo nuove basi creative, da dove partì anche Pasolini per il suo, La rabbia.
La storia di All’armi siam fascisti! è quella di una delle opere più censurate ed osteggiate del nostro paese. E il motivo è proprio in quella domanda: «esiste ancora il fascismo?» che accompagna le immagini di chiusura del film sui morti di Reggio Emilia, Genova 60, la repressione dei poliziotti di Scelba.
Immagini alle quali, oggi – come suggerisce Bruno Di Marino nel libro allegato al dvd – viene naturale legare a quelle delle tante stragi di stato, della P2, del patto stato-mafia fino al G8 di Genova, culminato nella mattanza della Diaz. Un filo nero che continua a legare la nostra storia.
Ieri come oggi quella domanda è eversiva. Come eversivo è All’armi siam fascisti! perché non si è limitato, com’è stato fin lì nei tanti documentari di ricostruzione storica – a raccontare il Ventennio attraverso uno straordinario repertorio. Ma ne dà una sua lettura politica mostrando come il fascismo sia stato ed è «l’organizzazione armata della violenza capitalistica», come spiega lo stesso Fran- co Fortini, autore dello splendido commento sonoro, pieno di graffiante ironia e sarcasmo. Accostato a un sapiente montaggio che lega, magari, le serene giornate di Eva Braun in montagna con i corpi massacrati delle vittime dei lager.
Questo ci racconta il film, lo scontro tra capitale e lavoro. In Italia con Mussolini, dove la Chiesa fu tra i primi alleati («Pio XI si rifiutò di ricevere la vedova di Matteotti», ci rimanda il commento di Fortini, mentre le immagini ci mostrano alti prelati fare il saluto romano), in Germania con Hitler, in Spagna con Franco (bellissimo il repertorio sulla difesa di Madrid). Modalità diverse, certamente, ma nella sostanza lo stesso scontro tra capitale e lavoro a cui assistiamo sotto il governo globale delle banche.
E in questo è la «superiorità di All’armi siam fascisti! – scrive Alberto Moravia su l’Espresso nel ‘62 – nell’applicazione di un metodo ideologico al caos della Storia. Questo metodo si può chiamare marxista soltanto per scrupolo di esattezza; in sostanza è il metodo del realismo e il realismo oggi vuol dire diagnosi marxista per i fatti sociali economici e storici, freudiana o junghiana per quelli individuali e psicologici, einsteiniana per quelli cosmici e via dicendo».
Come poteva un film così non incappare nelle ire dei censori? Nato per volontà del Partito socialista che per realizzarlo creò una produzione ad hoc, come racconta Cecilia Mangini, All’armi siam fascisti! incontrò ostacoli fin dall’inizio. L’Istituto Luce negò il suo repertorio sul fascismo, tanto che gli autori dovettero attingere agli archivi stranieri.
Poi la lunga trattativa con la Mostra di Venezia che non voleva saperne… Finì con una proiezione «imposta» dagli autori in una sala defilata, presa in affitto a una lira, per dimostrare l’estraneità del Festival. Il risultato fu travolgente. Successo di critica e di pubblico. La bomba ormai era esplosa. Così che la censura tentò il tutto per tutto, bloccando il film per un anno. «Un caso da dover scendere in piazza», scrive Pasolini su Vie Nuove. E come lui furono tanti, tantissimi gli intellettuali che si mobilitarono per la «liberazione» del film.
All’armi siam fascisti! arrivò nelle sale nel ’62, provocando le reazioni violentissime dei militanti del Msi. A Roma, dopo la proiezione al Quattro Fontane, i fascisti scaraventarono dalle finestre sedie e tavoli sopra al pubblico in uscita dal cinema, causando decine di feriti.
E non fu un episodio isolato. «Questo film vuole dire soltanto che noi siamo i figli degli eventi riassunti da questo schermo – ci ricorda Franco Fortini nel finale – ma siamo anche i responsabili del presente. In ogni momento, in ogni scelta, in ogni silenzio come in ogni parola, ciascuno di noi decide il senso della vita propria e di quella altrui». Da non perdere.
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* Giornalista e critica cinematografica, ha collaborato a lungo per l’Unità. È inoltre fondatrice e direttrice di Bookciak Magazine e del Premio Bookciak, Azione!