Germagna!
di Toni Iero
È arduo prevedere il futuro. Più facile, anche se meno di quanto sembri, rileggere il passato. Allora, vi propongo una rilettura del passato partendo da uno tra i possibili futuri. Ho scelto quello che mi sembra più interessante, non necessariamente quello più probabile.
Siamo nel 2040, classificato anche come 20 D.C. (Dopo Coronavirus). Sono passati 20 anni dal maggior bluff sanitario della storia. Il virus, dispettoso, si era fatto beffe delle previsioni dei virologi, causando un numero sostanzialmente ridotto di vittime. Ciononostante, si rivelò un formidabile catalizzatore delle dinamiche geopolitiche.
Vale la pena ricordare come a quei tempi l’Unione Europea avesse una vita piuttosto travagliata. Vi erano diversi motivi alla radice del malessere europeo, ma uno dei principali stava nelle differenti visioni che dividevano la classe dirigente tedesca, essendo la Germania l’azionista di maggioranza del continente. Schematicamente, vi erano due posizioni che si fronteggiavano. Da una parte vi erano i Sovranisti tedeschi che mal sopportavano di convivere con gli inconcludenti mediterranei e sostenevano la necessità di scaricarli per costituire un club tra i soli virtuosi Paesi del Nord; dall’altra vi erano i Comunitari che, pur concordando sul giudizio relativo ai popoli del Sud, sottolineavano i vantaggi che tale associazione garantiva alla Germania: gli inconcludenti non potevano più fare concorrenza svalutando le loro monete, inoltre la loro presenza all’interno dell’Unione Monetaria determinava un deprezzamento dell’euro, rispetto al vecchio DM, che favoriva le esportazioni tedesche nel resto del mondo.
Abbiamo detto del Coronavirus. Ebbene, tale microorganismo aveva tanti difetti, ma non gli si può negare l’abilità di riuscire a identificare con precisione chi colpire: a livello biologico, le deboli persone anziane; a livello economico, i deboli Paesi mediterranei.
L’Italia, in particolare, era stata duramente flagellata dal virus, che qui poteva contare sulla fattiva collaborazione di una strampalata classe dirigente. Il disastro sanitario ed economico italiano era facilmente prevedibile già dopo poche settimane dallo scoppio della pandemia. Tale previsione era divenuta certezza nelle menti dei politici europei grazie all’interazione con l’arguto vertice politico italiano.
In occasione del diffondersi della pandemia, in Germania si riaccese il dibattito a proposito degli inconcludenti mediterranei. Questa volta i sovranisti avevano ottimi argomenti da portare a favore della loro tesi di scaricare i sudisti.
Tuttavia, non si decise subito in tal senso, poiché vi erano alcuni aspetti che frenarono la decisione. In particolare:
- la cancelliera Merkel indugiava. Da brava democristiana, sapeva che, in politica, la decisione migliore era sempre quella di rimandare qualsiasi decisione.
- all’inizio di aprile, gli amministratori delegati delle case automobilistiche tedesche, in una audizione con il governo, dichiararono senza mezzi termini che, per continuare a fabbricare auto in Germania, avevano bisogno dei fornitori italiani di componentistica. Diavolo, ancora gli italiani! Prima concorrenti e adesso subdoli fornitori!
- Il terzo fattore era il presidente francese, Micron. Micron era un buon diavolo, cui piaceva di tanto in tanto fare qualche sparata sull’unità europea. Però, in genere, bastava una telefonata della cancelliera e si metteva tranquillo. Invece questa volta non mollava e continuava a sostenere che c’era bisogno di solidarietà tra gli europei, che uniti si sarebbe superata meglio questa crisi, etc. Era così determinato che fece arrivare una misteriosa proposta scritta alla cancelliera.
Si scoprirà ben presto che le pressioni di Micron non erano motivate dal generoso intento di salvare gli italiani, come solo lo schieramento politico di sinistra del Belpaese credeva. Il punto era che anche la Francia era messa male economicamente: il rapporto debito / PIL avrebbe in breve tempo superato quota 100% ma la Francia, a differenza dell’Italia, non poteva contare su un saldo attivo nel commercio con l’estero. Quindi mentre l’Italia riceveva ogni anno una boccata d’ossigeno, sotto forma di nuova liquidità, grazie all’attivo commerciale, la Francia la perdeva. Per fare un’analogia, era come se Parigi avesse un cappio al collo che si stringesse anno dopo anno.
Questi fattori determinarono un rimescolamento nelle posizioni all’interno dell’establishment tedesco da cui scaturì un cambio di orientamento del governo di Berlino. Spie di questa dinamica furono due notizie:
- il 29 aprile apparve su Der Spiegel un articolo, a firma di Thomas Fricke, nel quale il giornalista, dopo aver inveito contro l’ottusità dei tedeschi verso i fratelli italiani, ricordava ai suoi compatrioti come nel 1953 la Germania avesse potuto riprendersi solo grazie alla cancellazione di parte dei suoi debiti e concludeva affermando che, questa volta, era necessario dare il via libera agli eurobond. L’uscita di Der Spiegel suscitò ampia perplessità, poiché tale testata non era certo nota per avere simpatie verso l’Italia.
- Circa una settimana prima, era scoppiata una polemica tra democristiani tedeschi e SPD a proposito dell’acquisto di 45 cacciabombardieri F18 da parte della Luftwaffe. Perché comprare aerei USA e non autarchici Eurofighter? Una nota del ministero della difesa di Berlino sosteneva che il vantaggio degli F18 era quello di poter trasportare ordigni nucleari. In realtà, tale nota creò più confusione che altro. Infatti, la Germania non aveva armi nucleari. Sì, certo, c’erano i depositi atomici americani sul suolo tedesco. Ma gli USA non avevano bisogno di aerei americani acquistati dai tedeschi per portare in giro le loro bombe atomiche.
Che diavolo stava succedendo?
Ebbene, era successo che l’accelerazione degli eventi determinatasi in quella situazione aveva risvegliato il super-io geopolitico tedesco. Nella sua lettera segreta il disperato Micron aveva offerto alla Germania, in cambio di assistenza economica, la condivisione dell’arsenale nucleare francese!
A questo punto, prima di andare oltre, occorre spiegare quale fosse la consolidata visione geopolitica tedesca. Questa prevedeva una fase iniziale di allargamento della sfera metropolitana in Europa (Lebensraum). Successivamente, questa sarebbe stata la base per una ulteriore proiezione della Germania, questa volta oltre il vecchio continente. Tipicamente, la teoria geopolitica tedesca, il cui più completo estensore era stato il generale Karl Ernst Nikolas Haushofer (1869-1946), prevedeva che l’espansione germanica sarebbe dovuta avvenire lungo l’asse Nord – Sud. In altre parole, obiettivo Africa.
Il primo passo, ossia la conquista dell’Europa, costava poco più di un centinaio di miliardi di euro. Ed ormai era cosa fatta, grazie al lancio del New Generation UE (impropriamente chiamato Recovery Fund). Si sarebbe così costituita un’entità federale europea, attraverso cui la Germania avrebbe avuto il pieno controllo del continente. Si scriveva Unione Europea ma si leggeva Germania.
Già in quella fase si cominciò a programmare (attività in cui il popolo germanico eccelle) la modalità con cui attuare la proiezione di potenza verso Sud. A rendere credibile tale progetto per la nuova “Unione Europea” concorrevano gli stretti legami che la Francia, ormai inglobata nella rete geopolitica tedesca, manteneva con le sue ex colonie e il fatto che queste ultime, di fatto, facevano già parte dell’area euro. Le loro monete, prima legate al franco francese, adesso era, di fatto, ancorate all’euro. Quindi le loro economie dipendevano dalla BCE di Francoforte.
Questo progetto fu entusiasticamente approvato dagli Usa poiché l’Europa, proiettandosi verso Sud, si sarebbe trovata a scontrarsi con i cinesi, che stavano facendo dell’Africa una loro testa di ponte. Inoltre, la Germania promise che avrebbe usato i suoi buoni rapporti con la Russia per impedire che quest’ultima formasse un’alleanza strategica con la Cina. Si scoprì poi che si stava sfondando una porta aperta. Infatti, non tutti avevano notato che, curiosamente, in soccorso all’Italia i russi non avevano inviato medici e infermieri, bensì militari esperti nel rilevamento di attacchi biologici: fin dal primo momento, Putin aveva cercato le prove della colpevolezza dei cinesi per la pandemia.
In questo modo, attaccata in Africa dagli europei, abbandonata dai russi, contenuta nel Pacifico da Canada, Usa, Giappone, Australia e Nuova Zelanda e, infine, punzecchiata a Sud dall’India la Cina dovette subire un ridimensionamento geopolitico decisivo che ne compromise la sua proiezione mondiale, relegandola al ruolo di potenza regionale.
Insomma, finalmente l’Europa assumeva un peso geopolitico mondiale, riunita sotto l’oculata supervisione del IV Reich. Quest’ultimo, memore di due disastrose guerre in cui era stato drammaticamente sconfitto, questa volta scelse di allearsi alle potenze anglosassoni. Gli smacchi del 1918 e del 1945 erano stati, finalmente, vendicati.
Giusto per completezza, resta da dire qualcosa dell’Italia. Un Paese ormai insignificante, sconfitto, privato anche del suo unico riferimento geostrategico, la Libia. Anche qui, l’impero ottomano era riuscito a riparare la debacle del 1912, riprendendosi la Tripolitania e privando l’Italia sia del petrolio nordafricano, sia del controllo dei flussi migratori. La situazione della penisola può essere ben descritta, con qualche piccolo adattamento, da un brano tratto dal libro Quando la moneta muore, scritto da A. Ferguson: “Già dalla primavera del 2020 la disperazione degli italiani era sempre più evidente. Molti ricordavano come durante la prima repubblica la nazione fosse prospera e sicura di sé e del proprio futuro. Ma la generazione più anziana delle classi medio-alte era turbata soprattutto perché si era resa conto di quanto fosse superficiale la cultura politica nazionale. I giovani, fra i quali alcuni avrebbero più tardi ricordato quegli anni non come un incubo, ma come un’avventura, erano per lo più frastornati e delusi. Con la prosperità era sparita anche la fiducia del Paese in sé stesso, e così si giunse progressivamente alla degenerazione morale del Paese e delle sue istituzioni. Via via che scemavano il senso di sicurezza, lo spirito di comunità e il patriottismo, crescevano il pessimismo e l’inquietudine. Ormai il tessuto connettivo della nazione stava disfacendosi insieme con i suoi valori etici. Le devastazioni morali, materiali e sociali provocate dal collasso economico indebolivano e peggioravano inesorabilmente sia l’uno che gli altri.” Da notare che questa, nel libro di Ferguson, era la descrizione della Germania degli anni ’20 del XX secolo. Cento anni dopo all’Italia era toccata la stessa devastante sorte della Germania sconfitta nella prima guerra mondiale!