Da Francesco Guicciardini, Opere, Storia d’Italia (libri I-X), in Classici italiani, UTET, 1981
antologia storica a cura di Adriano Simoncini
Di Francesco Guicciardini (Firenze 1483-1540) ho scritto una breve nota biografica nel precedente intervento e anche ho riportato dalla sua Storia d’Italia alcune pagine che descrivono i costumi e la morte di papa Alessandro VI Borgia. Di seguito, ancora dalla Storia d’Italia, proponiamo invece le pagine che narrano il sacco di Roma del 1527 a opera dei soldati spagnoli e dei lanzichenecchi tedeschi al servizio dell’imperatore Carlo V. Evento che è rimasto nella storia perché colpiva la città “caput mundi”, sede del pontefice della religione cattolica e memoria monumentale dell’indimenticato impero romano.
(pp. 1757-1759) Gli spagnuoli, non avendo trovato né ordine né consiglio di difendere il Trastevere, non avuta resistenza alcuna, v’entrorono dentro; donde non trovando più difficoltà, la sera medesima a ore ventitré, entrorono per ponte Sisto nella città di Roma: dove, da quegli in fuora che si confidavano nel nome della fazione[1], e da alcuni cardinali che per avere nome di avere seguitato le parti di Cesare credevano essere più sicuri che gli altri, tutto il resto della corte e della città, come si fa ne’ casi tanto spaventosi, era in fuga e in confusione.
Entrati dentro, cominciò ciascuno a discorrere tumultuosamente alla preda, non avendo rispetto non solo al nome degli amici né all’autorità e degnità de’ prelati, ma eziandio a’ templi a’ monasteri alla reliquie onorate dal concorso di tutto il mondo, e alle cose sagre. Però sarebbe impossibile non solo narrare ma quasi immaginarsi le calamità di quella città, destinata per ordine de’ cieli a somma grandezza ma eziandio a spesse direzioni[2] perché era l’anno… che era stata saccheggiata da’ goti[3].
Impossibile a narrare la grandezza della preda, essendovi accumulate tante ricchezze e tante cose preziose e rare, di cortigiani e di mercatanti; ma la fece ancora maggiore la qualità e il numero grande de’ prigioni che si ebbeno a ricomperare con grossissime taglie: accumulando ancora la miseria e la infamia, che molti prelati presi da’ soldati, massime da’ fanti tedeschi, che per odio del nome della Chiesa romana erano crudeli e insolenti, erano in su bestie vili, con gli abiti e con le insegne delle loro dignità, menati a torno con grandissimo vilipendio per tutta Roma; molti, tormentati crudelissimamente, o morirono ne’ tormenti o trattati di sorte che, pagata che ebbono la taglia, finirono fra pochi dì la vita.
Morirono, tra nella battaglia e nello impeto del sacco, circa quattromila uomini. Furono saccheggiati i palazzi di tutti i cardinali (eziandio del cardinale Colonna che non era con l’esercito), eccetto quegli palazzi che, per salvare i mercatanti che vi erano rifuggiti con le robe loro e così le persone e le robe di molti altri, feciono grossissima imposizione di denari[4]: e alcuni di quegli che composeno con gli spagnuoli furono poi o saccheggiati dai tedeschi o si ebbeno a ricomporre con loro. Compose la marchesana di Mantova il suo palazzo in cinquantaduemila ducati, che furono pagati da’ mercatanti e da altri che vi erano rifuggiti: de’ quali fu fama che don Ferrando suo figliuolo ne partecipasse di diecimila. Il cardinale di Siena: dedicato per antica eredità de’ suoi maggiori al nome imperiale, poiché ebbe composto sé e il suo palazzo con gli spagnuoli, fu fatto prigione da’ tedeschi; e si ebbe, poi che gli fu saccheggiato da loro il palazzo, e condotto in Borgo col capo nudo con molte pugna, a riscuotere[5] da loro con cinquemila ducati. Quasi simile calamità patirono il cardinale della Minerva e il Ponzetta, che fatti prigioni da’ tedeschi pagorono la taglia, menati prima l’uno e l’altro di loro a processione per tutta Roma.
I prelati e cortigiani spagnuoli e tedeschi, riputandosi sicuri dalla ingiuria delle loro nazioni, furono presi e trattati non manco acerbamente che gli altri. Sentivansi i gridi e urla miserabili delle donne romane e delle monache, condotte a torme da’ soldati per saziare la loro libidine: non potendo se non dirsi essere oscuri a’ mortali i giudizi di Dio, che comportasse che la castità famosa delle donne romane cadesse per forza in tanta bruttezza e miseria. Udivansi per tutto infiniti lamenti di quegli che erano miserabilmente tormentati, parte per astrignergli a fare la taglia parte per manifestare le robe ascoste.
Tutte le cose sacre, i sacramenti e le reliquie de’ santi, delle quali erano piene tutte le chiese, spogliate de’ loro ornamenti, erano gittate per terra; aggiugnendovi la barbarie tedesca infiniti vilipendi. E quello che avanzò alla preda de’ soldati (che furno le cose più vili) tolseno poi i villani de’ Colonnesi, che venneno dentro. Pure il cardinale Colonna, che arrivò (credo) il dì seguente, salvò molte donne fuggite in casa sua. Ed era fama che, tra denari oro argento e gioie, fosse asceso il sacco a più di uno milione di ducati, ma che di taglie avessino cavata ancora quantità molto maggiore.
Ancora dalla Storia d’Italia riportiamo il racconto di un evento incredibile – definito qui miracoloso – accaduto nel 1512 a Bologna assediata dalle truppe spagnole in guerra con i francesi per il dominio d’Italia.
(pp. 994-995) Furono finalmente piantate l’artiglierie contro alla muraglia distante circa trenta braccia dalla porta detta di Santo Stefano donde si va a Firenze, ove il muro volgendosi alla porta detta di Castiglione, volta alla montagna, fa uno angolo; e nel medesimo tempo si dava opera per Pietro Navarra a fare una cava sotterranea più verso la porta di strada Castiglione, a quella parte del muro nel quale era, dalla parte di dentro, fabbricata una piccola cappella detta del Baracane (…)
Finita in ultimo la mina e stando l’esercito armato per dare incontinente la battaglia, la quale perché si desse con maggiori forze era stata richiamata l’antiguardia, fece il Navarra dare il fuoco alla mina. La quale con grandissimo impeto e romore gittò talmente in alto la cappella che, per quello spazio che rimase tra ’l terreno e il muro gittato in alto, fu da quegli che erano fuora veduta apertamente la città dentro e i soldati che stavano preparati per difenderla; ma subito scendendo in giù, ritornò il muro intero nel luogo medesimo onde la violenza del fuoco l’aveva sbarbato, e si ricongiunse insieme come se mai non fosse stato mosso: onde non si potendo assaltare da quella parte, i capitani giudicorno non si dovere dare [la battaglia] solamente dall’altra. Attribuirono questo caso i bolognesi a miracolo, ritenendo impossibile che senza l’aiutorio divino fusse potuto ricongiugnersi così appunto ne’ medesimi fondamenti; onde fu dipoi ampliata quella cappella, e frequentata con non piccola divozione dal popolo.
(Presso la cappella del Baraccano è tuttora leggibile la scritta che ricorda l’evento)
Per concludere, dai Ricordi ne riportiamo alcuni a documentare lo “stile lapidario e monumentale” (Francesco De Sanctis) del Guicciardini e il disincantato realismo delle sue riflessioni.
Non combattete mai con la religione, né con le cose che pare che dipendino da Dio; perché questo obietto ha troppa forza nella mente degli sciocchi. (B 31)
(…) el grado che ho avuto con più pontefici m’ha necessitato a amare per el particulare mio la grandezza loro; e se non fussi questo rispetto, arei amato Martino Luther quanto me medesimo: non per liberarmi dalle leggi indotte dalla religione cristiana nel modo che è interpretata e intesa communemente, ma per vedere ridurre questa caterva di scelerati a’ termini debiti, cioè a restare o sanza vizî o sanza autorità. (C 28)
Fate ogni cosa per parere buoni, ché serve a infinite cose: ma, perché le opinioni false non durano, difficilmente vi riuscirà el parere lungamente buoni, se in verità non sarete. Così mi ricordò già mio padre. (C 44)
Io ho desiderato, come fanno tutti gli uomini, onore e utile: e n’ho conseguito molte volte sopra quello che ho desiderato e sperato; e nondimeno non v’ho poi mai trovato drento quella satisfazione che io mi ero immaginato; ragione, per chi bene la considerassi, potentissima a tagliare assai delle vane cupidità degli uomini. (C 15)
Pregate Dio sempre di trovarvi dove si vince, perché vi è data laude di quelle cose ancora di che non avete parte alcuna: come per el contrario chi si trova dove si perde è imputato di infinite cose delle quali è inculpabilissimo. (C 176)
A chi stima l’onore assai, succede ogni cosa, perché non cura fatiche, non pericoli, non danari. Io l’ho provato in me medesimo, però lo posso dire e scrivere: sono morte e vane le azioni degli uomini che non hanno questo stimulo ardente.
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[1] Che cioè parteggiavano per i Colonna avversari del papa.
[2] Spesse direzioni : frequenti devastazioni.
[4] Acconsentirono a tassarsi di una somma grandissima di denaro.
[5] si ebbe… a riscuotere : dovette… riscattarsi