…perché non siano troppo festanti: Lutero nel giudizio di Engels
da Friedrich Engels, “La guerra dei contadini in Germania”, 1850
[…] Mentre nel primo dei tre grandi campi, nel cattolico-conservatore si trovavano riuniti tutti gli elementi che erano interessati al mantenimento dell’ordine esistente, e quindi il potere imperiale, i principi ecclesiastici, una parte dei principi laici, la nobiltà più ricca, i prelati e il patriziato cittadino; intorno alla bandiera della riforma luterana borghese moderata si raccoglievano gli elementi possidenti dell’opposizione, la massa della piccola nobiltà, la borghesia e perfino una parte dei principi laici che sperava di arricchirsi con la confisca dei beni ecclesiastici e voleva inoltre sfruttare l’occasione per conquistare una maggiore indipendenza dall’impero. Finalmente, i contadini e i plebei si univano insieme al partito rivoluzionario, le cui aspirazioni e le cui dottrine furono formulate nel modo più netto da Münzer.
Lutero e Münzer rappresentavano, nel modo più perfetto, sia per la loro dottrina che per il loro carattere e la loro azione, i due partiti che ciascuno singolarmente dirigeva.
Lutero percorse, negli anni che vanno dal 1517 al 1525, lo stesso cammino che hanno percorso i moderni costituzionali tedeschi dal 1846 al 1849, e che in generale percorre ogni partito borghese, che, dopo essere stato per un momento alla testa del movimento, è sorpassato da quel partito plebeo o proletario che sino a quel punto lo aveva spalleggiato.
Quando Lutero, nel 1517, scese per la prima volta in campo contro i dogmi e la costituzione della chiesa cattolica, la sua opposizione non aveva ancora un carattere ben determinato. Pur senza oltrepassare le aspirazioni delle precedenti eresie borghesi, essa non escludeva e non avrebbe potuto escludere nessun indirizzo più avanzato. Nel primo momento, tutti gli elementi dell’opposizione dovevano essere riuniti, doveva essere impiegata la più decisa energia rivoluzionaria, e tutte le eresie che sino allora erano apparse dovevano essere difese contro l’ortodossia cattolica. In questa maniera precisa erano rivoluzionari i nostri liberali borghesi dopo il 1847: si dicevano socialisti e comunisti e si entusiasmavano per l’emancipazione della classe operaia.
La forte natura contadinesca di Lutero si manifestò nel modo più irruento in questo primo periodo della sua attività.
Ecco ad esempio, che cosa dice parlando dei preti romani: «Se la loro furia pazzesca dovesse andare avanti, mi sembra che il miglior consiglio e la migliore medicina per frenarla sarebbe che i re e i principi facessero ricorso alla forza e attaccassero questa gente malefica che ammorba tutto il mondo, e una buona volta mettessero fine al giuoco, con le armi e non con le parole. Se puniamo i ladri con la spada, gli assassini con la corda, gli eretici col fuoco, perché allora non attacchiamo specialmente questi perniciosi maestri di corruzione che sono papi, cardinali, vescovi e l’orda della romana Sodoma, con tutte le armi, e non ci laviamo le mani nel loro sangue?»
Ma questo primo infocato fervore rivoluzionario non durò a lungo. Il fulmine che Lutero aveva scagliato scoppiò; tutto il popolo tedesco si mise in movimento. Da una parte i contadini e i plebei videro nei suoi appelli contro i preti, nella sua predicazione sulla libertà cristiana, il segnale dell’insurrezione; dall’altra parte i borghesi, che pure erano più moderati, e una gran parte della piccola nobiltà si unirono a lui, e perfino i principi furono trascinati dalla corrente. Ma mentre gli uni credevano che fosse venuto il giorno di regolare i conti con i loro oppressori, gli altri volevano solamente spezzare la potenza dei preti ed arricchirsi con la confisca dei beni della chiesa. Così i partiti si divisero e trovarono i loro esponenti. Lutero dovette scegliere tra di essi. Egli, il protetto del grande elettore di Sassonia, lo stimato professore di Wittenberg, che ad un tratto era diventato potente e famoso, circondato da una folla di sue creature e di adulatori, non esitò un solo istante: abbandonò gli elementi popolari del movimento e si alleò con la parte dei borghesi, dei nobili e dei principi. Gli appelli alla guerra di sterminio contro Roma tacquero. Lutero ora predicava il pacifico sviluppo e la resistenza passiva (cfr., ad esempio: Alla nobiltà della nazione tedesca, 1520, ecc.). All’invito di Hutten di recarsi da lui e da Sickingen ad Ebernburg, centro della congiura della nobiltà contro preti e principi, Lutero rispose: «Io non posso approvare che il Vangelo si propugni con la violenza e lo spargimento di sangue. Il mondo è stato vinto dalla parola, con la parola la chiesa si è mantenuta e con la parola sarà ricostituita, e l’Anticristo, come ha acquistato il suo regno senza violenza, così senza violenza cadrà».
Da questa svolta o piuttosto da questo più deciso consolidamento dell’orientamento di Lutero ebbe inizio quel mercanteggiamento, quel patteggiamento sulle istituzioni e sui dogmi che si sarebbero dovuti mantenere o riformare, quel ripugnante giuoco di diplomazia, di concessioni, di intrighi, di accordi, il cui risultato fu la Confessione di Augusta, la costituzione della chiesa borghese riformata, che finalmente fu pattuita. E’ lo stesso traffico che nei nostri giorni si è ripetuto sino alla nausea in forma politica, nelle assemblee nazionali tedesche, nelle assemblee d’intesa, nelle camere di revisione e nei parlamenti di Erfurt. Il carattere piccolo-borghese in questi mercanteggiamenti emerse nel modo più aperto.
Se Lutero, rappresentante ormai dichiarato della riforma borghese, predicava il progresso nella legalità, aveva le sue buone ragioni. Il complesso delle città era favorevole alla riforma moderata, la piccola nobiltà vi si legava sempre più, una parte dei principi l’approvava, un’altra parte era esitante. Così il suo successo sarebbe stato assicurato almeno in una grande parte della Germania. Mantenendosi sul piano di un pacifico sviluppo progressivo, anche gli altri circoli non avrebbero potuto, alla lunga, contrastare alla spinta dell’opposizione moderata. Mentre ogni sovvolgimento violento avrebbe messo sicuramente il partito moderato in conflitto con il partito più avanzato dei plebei e dei contadini, avrebbe certamente allontanato dal movimento i principi, la nobiltà e un certo numero di città e, finalmente, avrebbe limitato la chance a questa alternativa: o avanzata del partito dei plebei e dei contadini con lo scavalcamento del partito borghese, o repressione di tutto il movimento di opposizione con la restaurazione cattolica. Ora, negli ultimi anni noi abbiamo avuto sufficienti esempi del fatto che i partiti borghesi, non appena hanno conseguito una vittoria della più stretta misura, cercano sempre di barcamenarsi con la formula del progresso nella legalità, tra Scilla e Cariddi, tra la rivoluzione e la restaurazione.
Poiché nella situazione politica e sociale di allora i risultati di ogni mutamento dovevano necessariamente tornare a vantaggio dei principi ed accrescere la loro potenza, la riforma borghese, nella misura in cui si distaccava dagli elementi borghesi e contadini, doveva cadere sempre più sotto il controllo dei principi riformati. Lo stesso Lutero divenne sempre più il loro servo, e il popolo sapeva bene che cosa faceva, quando diceva che Lutero era diventato servitore dei principi e quando ad Orlamünde lo prese a sassate.
Quando scoppiò la guerra dei contadini, e specialmente nelle regioni in cui i principi e la nobiltà erano in maggioranza cattolici, Lutero cercò di prendere una posizione mediatrice. Egli attaccò decisamente i governi accusandoli di essere responsabili, con la loro politica oppressiva, della sollevazione; non erano i contadini ad opporsi, ma Dio stesso. Dall’altra parte si diceva che la sollevazione non era certo voluta da Dio ed era contro il Vangelo. Infine, consigliava i due partiti di cedere e di mettersi d’accordo.
Ma la sollevazione, malgrado queste bene intenzionate proposte di mediazione, si estese rapidamente, commosse persino paesi protestanti, dominati da principi, signori e città che seguivano Lutero e rapidamente sorpassò la «ragionevole» riforma borghese. Proprio nella regione più vicina a Lutero, nella Turingia, installò il suo quartiere generale la frazione più decisa degli insorti, guidata da Münzer. Ancora pochi successi e tutta la Germania sarebbe stata in fiamme, Lutero accerchiato e forse cacciato a colpi di picche come traditore, e la riforma borghese spazzata via dalla mareggiata della rivoluzione dei contadini e dei plebei. Non c’era più da riflettere. Di fronte alla rivoluzione tutte le vecchie ostilità furono dimenticate; paragonati alla masnada dei contadini, i servi dalla romana Sodoma erano degli agnelli innocenti, dei miti figli di Dio. Borghesi e principi, nobili e preti, Lutero e il papa si unirono contro la masnada assassina e brigantesca dei contadini. «Si devono sterminare, strangolare, pugnalare, occultamente e palesemente, appena possibile, come si uccide un cane rabbioso!», grida Lutero. «Perciò, miei cari signori, partite, accorrete! Appena puoi, pugnala, colpisci, sgozza e se cadrai, gloria a te! Morte più santa non potresti mai incontrare!». Nessuna falsa compassione per i contadini. Coloro che hanno pietà di quelli dei quali Dio non ha pietà, e che anzi punisce e stermina, sono alleati dei rivoltosi. Poi i contadini stessi ringrazieranno Dio se hanno dovuto sacrificare una vacca per poter tranquillamente godere dell’altra; e i principi attraverso la sedizione riconosceranno quale sia lo spirito del popolo che solo con la forza si deve governare. «Il saggio dice: cibus, onus et virga asino, i contadini hanno poco sale nella zucca. Non ascoltano le parole, sono insensati, ma devono ascoltare la verga e l’archibugio e sarà un bene per loro. Preghiamo perché ascoltino; e se no, nessuna pietà! Fate fischiare su loro solo le palle dell’archibugio, se no faranno infinitamente peggio».
Proprio così parlavano i nostri borghesi già socialisti e filantropi, quando il proletariato, doto le giornate di marzo, reclamava la sua parte dei frutti della vittoria.
Lutero aveva messo un’arma potente tra le mani del movimento plebeo, con la sua traduzione della Bibbia. Nella Bibbia egli aveva contrapposto al cristianesimo feudale dell’epoca il modesto cristianesimo dei primi secoli, alla società feudale in dissolvimento l’immagine di una società che ignorava la macchinosa ed artificiosa gerarchia feudale. E i contadini avevano usato di quest’arme in tutte le direzioni, contro principi, nobiltà, preti. Ma ora Lutero la rivolse contro di loro e dalla Bibbia trasse un ditirambo sull’autorità stabilita da Dio, come nessun leccapiatti della monarchia assoluta aveva fatto sino allora. La sovranità per grazia di Dio, l’obbedienza passiva, e perfino la schiavitù fu sanzionata dalla Bibbia. Non solo la sollevazione dei contadini, ma perfino la ribellione di Lutero stesso contro l’autorità ecclesiastica e laica fu rinnegata; non solo il movimento popolare, ma anche il movimento borghese fu tradito a vantaggio dei principi.